DUENDE
IL FESTIVAL
Duende. Festival di arti performative e nuove tecnologie è prodotto dal Centro Teatrale Bresciano.
Oggi vi è un macchinismo del sorprendente. Soprattutto oggi vi è un potenziale così enorme della tecnica, che tutto sembra possibile. Tutte le possibilità sono contenute in questo macchinismo, non hanno più bisogno di divenire realtà. E ciò che diviene realtà, in seguito non appare poi giammai sorprendente, – si sa che tutto era già contenuto nel grande macchinismo.
Max Picard, Il volto dell’uomo (1959)
La seconda edizione di DUENDE esplora il lato più ambiguo e opaco della nuova rivoluzione digitale: quello relativo all’etica e alla coscienza, dei singoli e delle comunità che la rete può sviluppare. Opere, performer e pubblico affronteranno insieme l’ibridazione tra tecnologia e spiritualità, esplorando la linea sempre più sottile che divide l’homus digitalis dall’homo dei.
DUENDE
I PUNTI DEL MANIFESTO
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Il digitale è una dimensione contemporanea della cultura e, come tale, il teatro la accoglie.
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Un teatro vitale è polimorfico, contaminato, aperto e sperimentale per sua natura; mischia linguaggi e strumenti; vive di contaminazioni.
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L’essenza del teatro, che origina da un caos creativo e termina in un incontro non mediato, è profondamente umana e irreplicabile da tecnologie e sistemi di calcolo.
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Il teatro consta di tre processi: creatività, performance e fruizione. Nessuno di questi è immune all’ibridazione con le nuove tecnologie empatiche.
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Il teatro origina dalla necessità di vestire creativamente i conflitti e i timori dei gruppi sociali che rappresenta. L’ingresso delle nuove tecnologie apre a scenari ancora da rappresentare.
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Quello che le tecnologie sono in grado di produrre non è frutto della magia, ma è la moltiplicazione di input di origine umana. Con questa consapevolezza, il teatro indaga la relazione tra umanità e macchine.
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Direzione artistica:
Nadia Busato
Produzione:
CTB Centro Teatrale Bresciano
Direttore di produzione:
Giacomo Brambilla
Responsabile stampa e comunicazione: Veronica Verzeletti
Progetto realizzato con il supporto di:
Università degli Studi di Milano
5 e 6
Neoslogos
DUENDE
APPUNTI PER UN TEATRO TRASFORMABILE
Che l’essenza del teatro risieda nel valore dell’incontro è tutto ciò che possiamo affermare con certezza sul teatro.
Indefinibile per localizzazione, per struttura, per elementi e per effetti collaterali, da millenni sopravvive grazie al fatto di essere di per sé inanimato: prende vita solo nel tempo della rappresentazione.
La natura del teatro è tanto eterea quanto vitale. Non esiste di per sé, ma necessità di un medium, che raramente è singolare: dunque, di media.
Non mass media, certo: più che di massa, il teatro è un fatto di comunità.
Al minimo, di due elementi, poli opposti tra i quali transita un messaggio, un pacchetto di dati multimediali recepiti attraverso i sensi, seppur privi di sensori.
Ben prima di internet, il teatro è stato tessitore di reti, enciclopedia libera di storie, bestiario dell’umano e del divino.
Il teatro può contenere l’incontenibile poiché non lo limita, ma si plasma su di esso, moltiplicando le dimensioni e accogliendo ogni possibile linguaggio narrativo.
Ogni storia singolare, modellata per diventare universale, è l’output artificiale di un’intelligenza creativa, antica quanto attuale. Il teatro era teatro prima di entrare dentro il teatro giacché, prima di essere un luogo, è un bisogno umano necessario alla sopravvivenza.
Se esiste un’arte affine alle tecnologie della comunicazione, essa è proprio il teatro, nella sua più integra autenticità: la connessione tra esseri umani.
Si è fatto teatro prima di saper fare un fuoco, dopo aver costruito la prima città, si è praticato il teatro per avere cibo e accoglienza, si è performato su assi di legno, alla luce delle lampade a gas, sotto le bombe e sopra le macerie. Il teatro dentro ai teatri non è che una minima parte: oggi il teatro è uscito anche dal reale e popola il digitale.
Le macchine create inizialmente per sostituirsi agli esseri umani nella fatica del lavoro, sono state invece addestrate per imitare la creazione di storie, per replicare le voci dei performer, per clonare le espressioni del viso, le intenzioni del linguaggio, per ingannare i sensi e sospendere l’incredulità.
Creata per faticare, la tecnologia preferisce il mondo dello spettacolo. Fino a qui, il teatro non si è fatto alcun riguardo a sconfinare nel digitale. E ora che il digitale vuole far parte del gran teatro del mondo, non sarà forse il caso di aprire una nuova dimensione?
In fondo, come diceva Bertold Brecht, “il mondo d’oggi può essere espresso anche per mezzo del teatro, purché sia visto come un mondo trasformabile”.